Quel vaso Ming è falso!

l'analisi XRF

Pare che in un mercato parallelo sia stato venduto a cifre esorbitanti (milioni di dollari!) un manufatto, per la precisione un vaso attribuito alla dinastia Ming, che successivamente si è rivelato essere un falso.
Quando hanno mostrato le immagini di una copia vera affiancata alla copia falsa, le differenze erano praticamente inesistenti: i colori, le dimensioni, i pesi, le fattezze… apparentemente tutte uguali.
In casi simili è improbabile che il giudizio venga lasciato alla sola conoscenza o esperienza degli “esperti”: la vicenda dei “falsi Modigliani” che nell’estate del 1984 catturò le aperture dei media italiani è ancora motivo di sberleffi.

Ma… allora le domande nascono a pioggia:
Come è possibile giungere a conclusioni così assolute che non lasciano spazio ad equivoci nel dichiarare un oggetto come “imitazione”?
E come fanno a fare una indagine senza rompere il manufatto in esame?
E come fanno a dichiarare “falso” un oggetto che risulta essere unico ossia senza una copia comparativa?
Ancora una volta ci pensano le radiazioni, o meglio … l’impiego di apparecchi che emettono radiazioni.
La tecnica di analisi si chiama spettrofotometria XRF (X-ray fluorescence spectroscopy o X-ray fluorescence);  è una tecnica di analisi non distruttiva che permette di conoscere la composizione elementare di un campione attraverso lo studio della radiazione di fluorescenza X. 
Tale radiazione è emessa dagli atomi del campione in seguito a eccitazione (che può dare anche effetto fotoelettrico), che si ottiene tipicamente irraggiando il campione con raggi X e gamma ad alta energia. 
Dall'esame della fluorescenza X caratteristica emessa dagli atomi si identificano con sicurezza gli elementi chimici presenti e che compongono il manufatto.
è ampiamente utilizzata in chimica analitica, tecnologie alimentari, geologia, biologia, medicina, fisica dell'atmosfera, metallurgia, studio dei beni culturali. 
Tra i molteplici esempi che si possono elencare, l’XRF si usa su flange in acciaio per verificare la composizione chimica oppure sui quadri per determinare gli elementi chimici presenti nelle vernici oppure sui giocattoli realizzati in plastica per accertare l’eventuale presenza di componenti tossici.

Come funziona?
Gli apparecchi che emettono radiazioni sono delle “pistole” portatili definite anche “PMI”: Positive Material Identification che contengono un piccolo tubo a raggi X. L’apparecchio viene avvicinato o appoggiato al campione da esaminare e si preme il grilletto della pistola. 
I raggi X emessi eccitano gli elettroni degli elementi chimici che compongono il campione e in seguito all'irraggiamento si ottiene una riemissione di radiazione con lunghezza d'onda maggiore di quella incidente.
In genere, su un display dello strumento può comparire lo spettro coi componenti chimici dell’oggetto oppure un elenco degli stessi elementi con la percentuale componente.
Esistono poi diversi tipi di strumenti, da banco, fissi, a provetta ma che impiegano la medesima tecnologia e principio di indagine fisica.
Le indagini non si limitano alla ricerca del “falso” ma anche a individuare la presenza di elementi indesiderati (per esempio nello smaltimento dei rifiuti) o alla “purezza” di materiali realizzati in lega (ad es. per gioielli in oro).

Fonti:
- wikipedia
- https://chnet.infn.it
- https://physicsopenlab.org/