Niels Bohr

Premio Nobel per il modello della struttura atomica, introducendo la teoria degli elettroni che viaggiano in orbite ben definite, che corrispondono ai diversi stadi di energia intorno al nucleo dell'atomo.

Niels Henrik David Bohr nacque il 7 ottobre 1885 in Ved Stranden 14, una delle residenze più sontuose di Copenaghen. Era membro di una famiglia di alto rango sociale e aveva una sorella maggiore, Jenny e un fratello minore, Harald. 

Da ragazzo, Niels era molto alto, forte e un po' attaccabrighe (in qualche occasione prese a botte i compagni di scuola). Nei primi anni di scuola manteneva un buon profitto, ma non era un secchione, le lingue non erano il suo forte. Tuttavia, sin da piccolo, mostrava una predisposizione per le materie scientifiche. I fratelli Bohr cominciarono realmente a farsi notare alla scuola media e, nel 1904, quando Niels aveva 19 anni e Harald 17, un loro compagno di scuola li designò come "geni". 

Niels era molto bravo anche nello sport e, in particolar modo, nel calcio. 

A seguito della nomina come professore a Copenaghen, Bohr, accondiscendendo alle usanze tipiche danesi, si presentò a un'udienza pubblica del Re, con indosso tight e guanti bianchi, da non togliere nel momento di stringere la mano al sovrano. Immaginatevi la scena: Bohr, vestito di tutto punto, incontra il monarca Cristiano X, avente un'aria militaresca e piuttosto rigida. Le cose proseguirono in tal modo: dopo le doverose presentazioni, il Re affermò di essere compiaciuto di incontrare il celebre calciatore Bohr. A tale asserzione, Bohr rispose con un'affermazione di questo genere: "Mi spiace, ma temo che Vostra Maestà si riferisca a mio fratello". Il Re non prese molto bene queste parole, in quanto le regole prevedevano che nessuno potesse in alcun modo contraddire il sovrano durante una pubblica udienza. Pertanto, Cristiano X riformulò nuovamente la sua frase, asserendo quanto fosse compiaciuto e così via. Bohr, come d'altronde chiunque si fosse trovato in una situazione così grottesca, iniziò a sentirsi in grande disagio; sicché egli rispose di essere effettivamente un calciatore, ma di avere un fratello che, invece, era il famoso calciatore. Al che, il Re disse: "l'udienza è conclusa". 

Nel 1909 Bohr ha incontrato per la prima volta colei che diventerà la futura moglie: Margrethe Nørlund. Le loro nozze si celebrarono il 1° agosto del 1912. Ebbero sei bambini, due morirono giovani, a causa di un incidente in barca e di un attacco di meningite.

Un giorno, Bohr entra nell'ufficio di J.J.Thomson, apre il libro "Conduzione dell'elettricità attraverso i gas" (scritto proprio da Thomson), indica col dito una certa formula e asserisce, mantenendo un tono cortese: "Questa è sbagliata"! Alcuni anni dopo, ripensando al suddetto episodio, Bohr affermò: "Fu una delusione constatare che a Thomson non interessava affatto scoprire che i suoi calcoli erano errati. 

L'evento di questo periodo che scosse profondamente la vita di Bohr fu sicuramente l'incontro, nel marzo 1912 a Manchester, con un'altra eminente figura, insignita nel 1908 del Nobel Ernest Rutherford. Rutherford, che rappresentò infatti la figura scientifica più importante nella vita di Bohr, tanto che una volta avrebbe asserito: "Per me è stato quasi come un secondo padre". 

Dopo che Bohr ebbe vinto il Nobel, nel 1922 la Carlsberg gli regalò una casa adiacente a una delle fabbriche in cui produceva la sua birra. La casa era dotata di una tubatura che permetteva al fisico di servirsi gratuitamente di birra fresca quando ne voleva.

Potrà sembrare strano se non paradossale ma Niels Bohr, premio Nobel per la fisica, non si distingueva per velocità di comprensione. La sua straordinaria lentezza nel pensare e nel capire le cose è dimostrata da numerosi aneddoti che lo riguardano. Spesso Bohr interrompeva il “lavoro” serale dei suoi allievi nella biblioteca dell’Istituto di fisica teorica di Copenaghen (le virgolette per dimostrare ché tra una ricerca e l’altra e tra una discussione e l’altra sugli sviluppi della teoria dei quanti, ci scappava sempre una partita a ping-pong fatta sui tavoli, fra tazzine di caffè disposte in modo da rendere il gioco più difficile ed eccitante), dicendo che era molto stanco e che desiderava “fare qualcosa”, il che significava ineluttabilmente andare al cinema.

I soli film che gli piacessero erano i western hollywoodiani come “Un sentiero nel deserto”, “Terra selvaggia”, “Mezzogiorno di fuoco” e “Il cavaliere solitario”. Ma andare al cinema con Bohr era una vera e propria tortura perché il fisico danese faceva fatica a seguire l’intreccio, si smarriva nelle complicate trame che coinvolgevano coraggiosi cowboys, indiani ostili, sceriffi, fanciulle e cercatori d’oro, e di conseguenza infastidiva continuamente gli altri spettatori ponendo domande del tipo: “Quella è la sorella del cowboy che ha sparato all’indiano che cercava di rubare un capo di bestiame di suo cognato?”.

La medesima lentezza di reazione si palesava nel corso delle riunioni scientifiche. Quando qualche giovane fisico in visita a Copenaghen esponeva i risultati dei suoi recenti calcoli su un punto particolarmente complesso e profondo della teoria dei quanti, capitava frequentemente che tutti nella sala comprendessero chiaramente la dissertazione, ad eccezione di Bohr. Allora qualcuno era costretto a spiegargli tutto dal punto nel quale si era perso e nella confusione che ne derivava nessuno riusciva più a seguire la trattazione del povero conferenziere. Alla fine, dopo un bel po’ di tempo, Bohr iniziava ad afferrare il senso della lezione e risultava che quello che aveva compreso lui era completamente diverso da quello che l’oratore intendeva dire, ma il bello era che la visione di quest’ultimo era sbagliata e quella di Bohr corretta!

La lentezza di Bohr nel pensare si traduceva poi nell’incapacità a risolvere celermente le parole incrociate. Una sera il fisico russo George Gamow si recò in macchina alla casa di campagna di Bohr, a Tisvileleje, dove Bohr aveva lavorato per tutto il giorno con il suo assistente belga Leon Rosenfeld su un importante articolo di elettrodinamica quantistica. Sia Bohr che Rosenfeld erano decisamente esausti e provati dall’intensa giornata di lavoro e, dopo cena, Bohr propose la risoluzione di qualche cruciverba di una rivista inglese, “per rilassarci” (queste le sue parole). In realtà, l’idea si rivelò infelice e dopo un’oretta di tentativi inconcludenti (i tre non furono particolarmente brillanti, per usare un eufemismo), la signora Bohr invitò tutti ad andare a dormire.

Nel cuore della notte, ad un certo punto, Gamow e Rosenfeld, che condividevano la stanza per gli ospiti al piano superiore della casa di campagna, furono svegliati di soprassalto da un colpo picchiato alla porta. I due saltarono in piedi nel buio, urlando: “Cosa c’è? Cosa è successo?”. Una voce assonnata rispose da dietro la porta: “Sono io, Bohr, scusate, non intendevo svegliarvi, volevo solo dirvi che il nome della città inglese di sette lettere che termina in “ich” è Ipswich!”.

La passione di Bohr per i film western produsse una teoria tutta sua sulla “psicologia” delle sparatorie. è noto che in quasi tutti i film western (almeno in quelli di stile hollywoodiano), il “cattivo” è sempre il primo a sparare, ma “l’eroe” è ancora più veloce e finisce sempre con l’ucciderlo. Secondo Bohr questo accadeva a causa della differenza che intercorre tra le azioni condizionate e quelle spontanee. Il “cattivo” deve decidere quando afferrare la pistola, il che rallenta la sua azione, mentre “l’eroe” è più rapido perché agisce d’impulso senza pensare, non appena scorge il suo nemico imbracciare l’arma. Nessuno dei suoi allievi era d’accordo con lui. Gamow allora si recò un giorno in un negozio di giocattoli e comprò due fucili da cowboy. Uno alla volta, tutti i suoi studenti provarono a sparare contro Bohr, che impersonava “l’eroe”, ed egli li “sterminò” tutti.

Dopo che l’esercito tedesco ebbe occupato la Danimarca, fu solo una questione di tempo, prima che Bohr, la cui madre era ebrea, fosse minacciato di deportazione. Egli e sua moglie Margrethe, avvertiti di un imminente arresto, fuggirono nella notte del 29 settembre 1943. Una piccola imbarcazione li portò a un vascello più grande che li condusse in Svezia.


Appena finita la guerra, Bohr ritornò a Copenhagen e vi arrivò il 25 agosto 1945. Il mattino dopo andò in bicicletta all’Istituto e il 7 ottobre festeggiò il suo sessantesimo compleanno, di nuovo nella sua terra natale.

Morì durante il sonno nel 1962.

L'elemento chimico bohrio è così chiamato in suo onore. Gli è stato dedicato un asteroide, 3948 Bohr. Sulla Luna gli sono stati dedicati un cratere di 71 km di diametro e una valle di 80 km di lunghezza. 

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